martedì 27 ottobre 2009

QUATTRO OMBRE NELLA NEBBIA ALL'ATTACCO DELLA MONTEA

RESOCONTO FOTOGRAFICO DELLA SCALATA DELLA MONTEA (1.744) PARTENDO DALLA VIA DIRETTISSIMA, TRAVERSATA DAL VERSANTE OVEST A QUELLO EST. DA RENAZZO PASSANDO PER IL PASSO DELLA MELARA, PASSEGGIATA LUNGO LA CRESTA NORD-OVEST FIN SU LA CIMA E POI GIU', DISCESA DALLA VIA NORMALE FINO ALLA FONTANA DI CORNIA
Le Montagne di Orsomarso sono più basse rispetto a quelle del Pollino, ma l’imponenza non è da meno. Le vette maggiori non superano i 2000 metri, ma in gergo non è l’altezza che fa di un monte una bella montagna, ma il suo valore estetico, la sua natura, ciò che affascina il singolo, no la comunità. Da nord verso sud le cime più significative sono: il M. Palanuda, Timpone Scifarello. Dalle pendici di questi monti nasce il Fiume Argentino, affluente del Lao. A sud dell’Argentino si hanno le cime più elevate del gruppo: Cozzo del Pellegrino (1987 m), Monte La Mula (1935 m). Queste sono di alcune tra le montagne forse più nevose della Calabria con pendici macchiate di neve fino a primavera inoltrata. Come mai tanta neve? Questa è una delle zone italiane più ricche di precipitazioni. Più di 2000 mm annui di pioggia e neve. Tale situazione trae origine dagli influssi umidi provenienti dal Mediterraneo occidentale, che a contatto con l’aria fredda dei rilievi a ridosso della costa tirrenica danno vita a cospicue precipitazioni. A sud della Mula si elevano le ultime propaggini dell’Appennino Lucano. Si tratta dell’area più eccezionale da chi ama l’alpinismo, e questo dimostra che anche in Calabria è possibile arrampicare come sulle Alpi. È la corte di Montea (1744 m), una cima dalle caratteristiche dolomitiche, molto amata dagli alpinisti meridionali, e anche per questo la più frequentata. Accanto alla Mula sta il Monte Frattina (1535 m), un meraviglioso belvedere sul mare e sulle maggiori cime dei Monti di Orsomarso. A sud di Monte Frattina si eleva infine il Monte La Caccia (1744 m), che come la Montea si manifesta in maniera eccezionale con le pareti rocciose tra le più imponenti dell’Appennino. Nella letteratura alpina, la sola testimonianza storica per quanto riguarda questa parte di dorsale risale al 1898 dalla penna dell’appassionato alpinista Vincenzo Campanile: “Per dieci minuti rimasi ad ammirare quel selvaggio luogo e le pareti delle tre vette del Monte Farmaco (forse Montea), specialmente quella della Pietra Berciata, che imponenti si presentano al mio sguardo […]. Ogni altra parete, di tutta la superficie della montagna, è verticale, è molte di esse sono solcati da piccoli canali, vie che i sassi, cadendo dall’alto, percorrono, con poca sicurezza per l’alpinista” . (Wikipedia)